Gli arditi furono una specialità dell'arma di fanteria del Regio Esercito italiano durante la prima guerra mondiale.
La specialità, sciolta dopo il conflitto, fu brevemente ricostituita durante la seconda guerra mondiale con l'attivazione del 10º Reggimento arditi (15 settembre 1942 - settembre 1943). Le sue tradizioni furono ereditate a partire dal 1975 dal 9º Battaglione d'Assalto Paracadutisti "Col Moschin" (poi Reggimento dal 1995).Nel 1917 a seguito di proposte e studi da parte di giovani ufficiali stanchi della stasi e dell'inutile massacro della vita di trincea, si arrivò alla sperimentazione di un'unità appositamente costituita presso la 48ª Divisione dell'VIII Corpo d'armata, comandata dal capitano Giuseppe Bassi e il suo sergente Longoni Giuseppe. Giuseppe Bassi fu inoltre autore di una innovativa nota sull'impiego delle pistole mitragliatrici Fiat Mod. 15 /OVP - Officine Villar Perosa.Va fatto presente che già nel marzo 1917 il Comando Supremo aveva inviato una circolare informativa circa la costituzione presso l'esercito austroungarico di unità speciali.
A seguito di valutazione positiva si decise di istituzionalizzare la nascita della nuova specialità, ma dissidi sull'equipaggiamento e sull'addestramento fecero slittare l'inizio dell'attività al 29 luglio 1917, quando lo stesso re Vittorio Emanuele sancì la nascita dei reparti d'assalto.
I neonati reparti d'assalto si svilupparono quindi come corpo a sé stante, con una propria uniforme ed un addestramento differenziato e superiore a quello dei normali soldati, da impiegarsi a livello di compagnia o di intero battaglione. L'esercito tedesco, mediamente molto meglio addestrato, era stato però il primo ad adottare il concetto di truppa di élite con le Stoßtruppen. La sede della scuola d'addestramento venne fissata a Sdricca di Manzano (Udine) ed il comando affidato allo stesso maggiore Bassi. In seguito alla scuola di Sdricca (e alle altre create all'uopo) vennero brevettati anche gli arditi reggimentali (niente a che vedere con i "militari arditi" del 1916), la cui istituzione fu poi ufficializzata nel 1918 con apposita circolare.I primi reparti vennero creati nella 2ª Armata, e al momento di Caporetto risultavano costituiti 27 reparti (o più probabilmente 23), anche se quelli effettivamente impiegabili in combattimento furono molti di meno. Quelli dipendenti dalla 2ª e dalla 3ª armata erano alle dipendenze del comando d'armata, mentre gli altri erano alle dipendenze dei comandi di corpo d'armata, soprattutto nel caso delle fiamme verdi e degli altri reparti operanti in ambiente alpino. Solo i reparti della 2ª Armata erano già stati utilizzati ampiamente e provati in azione (almeno 3 battaglioni su 6 avevano operato come unità organiche, mentre gli altri probabilmente solo come compagnie); mentre quelli della 3ª (probabilmente 3 battaglioni) erano ad un livello elevato di preparazione fisica e tecnica, gli altri invece si trovavano ancora in addestramento; talvolta anzi i reparti alpini erano stati addestrati secondo standard inferiori a quelli della 2ª e 3ª Armata, che disponevano di un campo d'addestramento apposito, ed un comando unico per le truppe ardite; si può dire che ancora nel tardo 1917 la specialità non era ancora stata ben compresa dagli alti comandi al di fuori di queste due armate.I primi sei reparti della 2ª Armata combatterono la battaglia di Udine e protessero la ritirata sui ponti di Vidor e della Priula, rimanendo le ultime unità a passare il Piave.
Nell'inverno del 1917 vennero sciolti, ricostituiti e riaddestrati arrivando a 22 reparti operativi, per diventare al maggio 1918 di nuovo 27 (più un reparto di marcia per ogni armata), assegnati ai corpi d'armata. Un Reparto d'Assalto era composto (inizialmente e teoricamente) da 735 uomini.
Dopo il disastro di Caporetto gli Arditi caddero per qualche tempo in disgrazia e furono riorganizzati pesantemente; il colonnello Bassi perse a sua volta prestigio ed invece di sopraintendere all'organizzazione degli Arditi quale ispettore fu inviato a comandare un normale reggimento di linea. In particolare la riorganizzazione prevedeva la normalizzazione dei reparti (portati a 21, e numerati da I a XIII, XVI, XVII, e da XIX a XXIV) con l'invio di ufficiali più conservatori e dediti alla cura della disciplina. L'organizzazione fu portata da 4 a 3 compagnie, di 150 uomini ciascuna, cui erano associati 3 sezioni autonome di mitragliatrici (Fiat Mod. 14), 6 sezioni autonome di pistole mitragliatrici (mitragliatrici leggere Villar Perosa), 6 sezioni autonome lanciafiamme, per un totale di 600 uomini circa; le mitragliatrici e le pistole mitragliatrici furono tolte alle compagnie e raccolte in sezioni (contrariamente all'intuizione di Bassi e di Capello), anche se poi queste sezioni per lo più venivano, nella pratica, riassegnate alle compagnie, inoltre, per snellire i reparti, furono eliminati, almeno temporaneamente i due cannoni da 37 o i due obici da 65/17 che Capello aveva aggiunto ai reparti Arditi della 2ª Armata.
Anche la divisa si normalizzò, sembra per carenza di materiali, per tornare all'originale verso la metà del 1918, un reparto la volta. L'addestramento centralizzato nel campo di Sdricca, fortemente consigliato da Bassi, fu sostituito con campi d'addestramento specifici per ogni corpo d'armata, anche se il modello d'addestramento fu presto adeguato a quello originale (in questa riorganizzazione si decise di dotatare ogni corpo d'armata di un reparto, momentaneamente rinunciando alla creazione di grossi reparti d'assalto, previsti da Capello e riorganizzati alla fine del 1918). Dopo un momento di incomprensione i nuovi ufficiali furono molto colpiti dalla forma mentis e dalle pratiche d'addestramento degli arditi, giungendo nuovamente a raggiungere l'eccellenza grazie alla formazione di nuove reclute che riempivano i vuoti causati dalla ritirata. In particolare si distinsero gli arditi del IX Battaglione (comandante l'allora maggiore e futuro maresciallo d'Italia Giovanni Messe) e quelli del V, ora XXVII (comandante maggiore Feruglia), entrambi inizialmente tra i peggiori della specialità e portati ai massimi livelli dai rispettivi comandanti, che curarono notevolmente la preparazione atletica e il realismo delle esercitazioni, oltre a congedare alcuni elementi indisciplinati e troppo provati.Nel 1918 si volle nuovamente riorganizzare la specialità, che rimaneva poco compresa dagli alti comandi, ma che si era molto distinta. I battaglioni dedicati al corpo d'armata presero la denominazione del corpo stesso e ne condivisero la numerazione (da 1º a 23º, sia in numeri romani che in numeri arabi), cui si aggiungevano altri battaglioni, inizialmente il XXX (dato come rinforzo al I Corpo d'armata) e il LII (abbinato alla 52ª Divisione alpina, che aveva compiti autonomi); cui si aggiungevano 7 battaglioni "di marcia" destinati alla riserva centrale e all'addestramento dei complementi, più tre battaglioni autonomi aggregati ai reparti italiani operanti fuori dal fronte italiano (uno in Francia, uno in Albania e uno in Macedonia). Successivamente si cercò di costruire (riprendendo la decisione di Capello del '17) delle grandi unità composte eminentemente di arditi, la 1ª e la 2ª Divisione d'assalto, con 6 battaglioni ciascuna (più artiglieria, servizi e battaglioni di Bersaglieri), anche se fu molto difficile mantenere l'organico previsto e molti battaglioni furono spostati dai corpi d'armata alle divisioni e viceversa, per un totale di 39-40 battaglioni addestrati, circa, alcuni dei quali in seguito ai combattimenti venivano sciolti e riorganizzati o utilizzati, divisi per compagnie, per rinforzare altri reparti con una singola.Verso la fine della guerra gli Arditi chiedevano sempre più insistentemente la sostituzione delle pistole mitragliatrici Villar Perosa Mod. 1915 in dotazione con Beretta MAB 18 (ovvero "vere" pistole mitragliatrici manuali e non ibridi tra la pistola mitragliatrice e la mitragliatrice leggera) e di mitragliatrici leggere "vere" sulla falsariga del BAR americano e della Lewis inglese, o anche dalla Madsen danese (in uso presso l'esercito russo). Alcuni Lewis Gun furono effettivamente acquistati, ma passati per lo più al corpo mitraglieri. In verità le mitragliatrici italiane di entrambe le guerre mondiali furono insufficienti numericamente e spesso tecnicamente alla bisogna; gli arditi, facendo di necessità virtù, finirono con il magnificare, presso l'opinione pubblica e le alte gerarchie militari, tattiche obsolete come il corpo a corpo con il pugnale o l'attacco con la baionetta, malgrado sin dall'inizio avessero compreso la necessità di poter disporre di un considerevole fuoco anche mentre il reparto era in movimento. Decenni dopo, il fascismo farà della baionetta la sua arma "feticcio" e della volontà e del coraggio spavaldo la sua cifra tattica, con gravi conseguenze per l'esercito italiano.Nel giugno del 1918 venne costituita una Divisione d'assalto con nove reparti al comando del maggior generale Ottavio Zoppi, divenuta poi Corpo d'armata d'assalto con dodici reparti su due divisioni. Al Corpo d'armata d'assalto vennero assegnati anche sei battaglioni bersaglieri e due battaglioni bersaglieri ciclisti, nonché supporti tattici e logistici adeguati. I reparti prelevati dai corpi d'armata per costituire le divisioni vennero ricostituiti tanto che a fine guerra si contavano i dodici reparti d'assalto (più due di marcia) inquadrati nel Corpo d'armata d'assalto, e venticinque reparti indipendenti assegnati alle armate.Gli arditi furono tra gli artefici dello sfondamento della linea del Piave che permise nel novembre del 1918 la vittoria finale sugli eserciti austroungarici.
Pochi mesi dopo il termine della guerra, con la smobilitazione dell'esercito, si decise lo scioglimento dei reparti d'assalto, sia motivi di riorganizzazione che di politica interna al Regio Esercito. Queste motivazioni furono riassunte dal generale Francesco Saverio Grazioli, uno dei padri degli arditi:
« Cessata la guerra, cessata l'occasione di menar le mani, di dar prova della loro audacia, di far bottino, di farsi belli delle loro imprese, la loro natura scapigliata ed esuberante o si perderà , ed allora diventeranno ordinaria fanteria che non giustificherebbe le forme esterne e l'appellativo ufficiale loro proprio, ovvero persisterà , ed allora sarà estremamente difficile a chicchessia di contenerla, di evitare deplorevoli infrazioni disciplinari e forse reati, che offuscherebbero la loro stessa gloriosa fama andatasi formando con la guerra. »
("Promemoria sulla sorte possibile delle truppe d'assalto", 18 novembre 1918.)
Tra gennaio e febbraio 1919 il Comando Supremo sciolse il Corpo d'armata d'assalto, la 2ª Divisione d'assalto e tutti i reparti non indivisionati. Nel marzo 1919 solo la 1ª Divisione d'assalto era ancora operativa e venne inviata nella Libia italiana per operazioni di polizia coloniale insieme ad altre due divisioni ordinarie. Con l'inizio del biennio rosso, il Ministro della Guerra Caviglia decise di ricostituire temporaneamente alcuni reparti di Arditi da impiegare in operazioni di ordine pubblico particolarmente impegnative. Lo scioglimento definitivo venne alla fine del 1920 con il nuovo ordinamento Bonomi.Fra le due guerre gli arditi si riunirono nell'Associazione Nazionale Arditi d'Italia (ANAI), fondata dal capitano Mario Carli, poi tra i membri del cosiddetto "fascismo delle origini", lo stesso che scrisse assieme a Marinetti l'articolo Arditi non gendarmi. La maggioranza degli arditi aderì al movimento fascista, anche se l'adesione non fu unanime, come risulta dall'esperienza degli Arditi del Popolo (frangia secessionista romana dell'ANAI, schierata politicamente sulle posizioni del socialismo massimalista). Venne fondata la FNAI (Federazione Nazionale Arditi D'Italia) il 23 ottobre 1922 da Mussolini che aveva sciolto l'ANAI considerata poco affidabile per il fascismo e nella FNAI confluirono un gran numero di Arditi. Nel 1937 Mussolini donò a Roma la Torre dei Conti presso Via dei Fori Imperiali (allora via dell'impero) alla FNAI che lì rimase fino al 1943. Nel 1938 nella torre fu allestito un mausoleo dove ci sono tuttora conservate le spoglie del generale degli arditi Alessandro Parisi morto quell'anno in un incidente stradale e presidente della federazione dal 1932.Gli arditi parteciparono attivamente all'impresa fiumana sotto la guida dell'ispiratore del colpo di mano che portò alla presa di Fiume, Gabriele d'Annunzio. Una volta occupata la città, venne instaurata la "Repubblica del Carnaro" e D'Annunzio rivendicò apertamente l'italianità della città di Fiume. Venne promulgata, come carta costituzionale del nuovo Stato, la Carta del Carnaro. Tra i principali ispiratori del contenuto della Carta vi fu il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, anche lui con passato di Ardito. Il 25 dicembre 1920 (il cosiddetto Natale di Sangue) le truppe regolari dell'esercito italiano guidate dal generale Caviglia posero termine alla fugace esperienza della Repubblica del Carnaro dopo brevi scontri. Il Presidente del Consiglio Giolitti aveva ordinato l'operazione perché temeva i possibili risvolti internazionali negativi che sarebbero potuti scaturire dal prosieguo dell'impresa fiumana, nonché il fatto che il consolidarsi dello Stato dannunziano avrebbe potuto comportare gravi conseguenze per il regime liberale italiano.
Si noti inoltre che il generale Capello, ispiratore e fondatore del corpo, fu emarginato prima e incarcerato poi dal fascismo (che lo considerava connivente con l'attentato Zamboni a Mussolini), e dall'esercito (che, correttamente, lo considerava uno dei massimi responsabili del disastro di Caporetto, avendo disposto le sue truppe in maniera offensiva e non difensiva). Come lui molti altri "padri" dell'Arditismo, che non erano confluiti nel fascismo, furono emarginati, a vantaggio di figure, magari meno importanti, ma di sicura fede fascista o aderenti al fascismo pre marcia. Si noti inoltre che l'esercito italiano abolì il corpo nel 1920, abolizione che fu mantenuta dal fascismo mussoliniano, prodigo di riconoscimenti ed onori all'arditismo ma poco propenso a reinserire un corpo scelto irrequieto, indisciplinato (e costoso) nell'esercito.
sabato 26 luglio 2014
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